Negli archivi di polizia linquisitore annotò il suo profondo sconforto per la
scomparsa prematura del dottore.
Certe lacrime gli caddero su carta fotosensibile, duplicando minuscole lacrimucce che evaporarono in fragili bollicine daria. Chimica.
Poi si concentrò sulla relazione ufficiale.
Sulle prime scrisse che il dottore era morto in circostanze sconosciute.
Tanto da far temere un omicidio. O un perfetto suicidio.
E in questo caso era necessario trovare valide giustificazioni, visto che
neppure il dottore sera premurato di lasciare uno scritto.
Accade, scrisse linquisitore, che un semianalfabeta si tolga la vita
riempiendo pagine di perdono (anche se i semianalfabeti si suicidano di
rado, specificò l inquisitore).
Sono pagine pietose, o degne di pietà, fitte
di raccomandazioni e di addii.
E accade, scrisse linquisitore, che quando la cultura aumenta le lettere
si facciano più scarne e essenziali (una parabola sotto forma di punto
interrogativo, dritta al cuore di chi legge. Una raccomandazione.
Un muto sarcasmo fatto di allusioni brevi e precise).
Cosicché, il suicidio di un uomo di cultura diviene pur sempre il
suicidio di un uomo di cultura.
Freddo, magari. E razionale, sotto certi aspetti. Un suicidio che tiene
conto della ricchezza più che del denaro.
Della vergogna più che dellonore. Che non ripara ma cancella. Immediato o indolore al massimo grado. Un suicidio per il quale si
chiede di non fare commenti.
Perché luomo di cultura sa che si faranno commenti.
E premuroso comè, teme che qualcuno ne possa soffrire.
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